DL 87/2018: Il Decreto Dignità

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17/07/2018



Nuova rivoluzione del contratto a tempo determinato

Dopo giorni di difficile gestazione, tra anticipi del testo a mezzo stampa e attesa per la pubblicazione, entra ufficialmente in vigore il DL 87/2018, c.d. “decreto dignità” a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in data 14/07/2018.


Questo decreto è il primo intervento del nuovo Governo in materia lavoro e, secondo la presentazione del Presidente del Consiglio prof. Giuseppe Conte e del Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio il decreto persegue molteplici scopi tra cui, i più enfatizzati dagli autori, la lotta alla precarietà del lavoro e il contrasto alla ludopatia.


Per ovvie ragioni la nostra analisi si fermerà al primo dei due obiettivi e cioè la lotta alla precarietà nel mondo del lavoro che il Governo ha voluto perseguire attraverso una profonda modifica della normativa dei contratti a tempo determinato e con l'innalzamento delle indennità in caso di licenziamento illegittimo.


RIFORMA DEL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO


Il DL 87/2018 ha modificato radicalmente l'applicazione del contratto a tempo determinato così come regolato dal precedente intervento del legislatore il c.d. Jobs Act.


Il contratto a tempo determinato è stata la forma contrattuale che negli ultimi anni ha subito il maggior numero di modifiche. Dal dlgs 368 /2001 questa forma contrattuale è stata modificata nel 2012 dalla riforma Fornero, nel 2013 dal governo di Enrico Letta, nel 2014 dal Jobs Act e nel 2018 dal decreto dignità.


Le novità introdotte dal decreto in merito al contratto a tempo determinato sono le seguenti:

  • Diminuzione da 36 mesi a 24 mesi del periodo massimo di rapporto a tempo determinato tra un lavoratore e un datore di lavoro.
  • Diminuzione da 5 proroghe a 4 proroghe possibili nell'arco dei 24 mesi.
  • Contratto a tempo determinato senza causali solo per i primi 12 mesi di rapporto.
  • Per i rimanenti 12 mesi sarà consentito l'utilizzo del rapporto a tempo determinato solo se giustificato da causali. Sono considerati motivi validi all'utilizzo del contratto a tempo determinato motivi oggettivi non programmabili, esigenze temporanee non programmabili, ragioni sostitutive.
  • E' previsto un aumento contributivo INPS per ogni rinnovo e/o proroga oltre il primo rapporto pari ad una percentuale dello 0,5% da aggiungersi alla maggiorazione dell'1,4% introdotta nel 2012 dalla riforma Fornero e mai abrogata dai successivi interventi normativi.

Sono note le polemiche che hanno preceduto la pubblicazione del DL 87/2018 in Gazzetta Ufficiale e aventi ad oggetto la presunta contrazione dell'occupazione come principale conseguenza delle modifiche introdotte e i pareri negativi espressi dalla quasi totalità delle associazioni di rappresentanza dei datori di lavoro.


Pur non volendo entrare nel merito delle polemiche sorte non possiamo non rilevare che, per specifica previsione del legislatore, il decreto legge ha lo scopo di disincentivare l'utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato.


Riduzione della durata massima e aumento contribuzione


In tale direzione deve essere letta la diminuzione del periodo massimo di contratto a tempo determinato da 36 a 24 mesi nonché l'aumento del costo del lavoro causato dall'introduzione della maggiorazione contributiva pari al 0,5 % per ogni proroga che potrebbe portare un contratto a tempo determinare a costare ben il 3,4% in più rispetto ad un contratto a tempo indeterminato.


Introduzione causali oltre i 12 mesi


Un paragrafo dedicato merita sicuramente la reintroduzione delle causali. Come detto sopra la libera applicazione del tempo determinato raggiunta con il Jobs Act rimane in essere solo per i primi 12 mesi. Qualora il datore di lavoro volesse procedere oltre i primi 12 mesi sarebbe costretto dalla normativa a giustificare l'utilizzo della forma contrattuale.


Il dlgs 368/2001 prevedeva motivi produttivi e organizzativi (necessità di sopperire con nuova forza lavoro a picchi produttivi), tecnici (necessità di integrare temporaneamente figure tecniche specializzate non presenti in azienda) oltre alle ragioni sostitutive (maternità, malattia lunga durata, ferie, aspettativa). Nel dibattito sulla regolamentazione del tempo determinato le causali giustificatrici hanno sempre rappresentato un elemento centrale. La maggior parte del contenzioso tra datore di lavoro e lavoratore è stato storicamente legato alle causali sulla cui correttezza applicativa poteva esprimersi solo un giudice del lavoro. Prima, parzialmente, la L. 92/2012 (riforma Fornero) e poi definitivamente il Jobs Act avevano liberalizzato l'utilizzo del contratto a termine eliminando le causali.


Le nuove causali introdotte dal decreto dignità sono più generiche delle precedenti e di conseguenza ostative ad una serena applicazione del contratto a termine. Sarà possibile superare i 12 mesi contrattuali solo in caso di ragioni oggettive non programmabili e ragioni temporanee non programmabili.


E' immediatamente chiaro come i caratteri dell'oggettività, della temporaneità e della non programmabilità siano tutt'altro che oggettivamente definibili a priori dal datore di lavoro che, nel caso di apposizione delle causali, sarà costantemente nel rischio di una rivendicazione da parte del lavoratore.


Il DL 87/2018 è valevole per tutti i contratti a termine siglati dopo il 14/07/2018 ma anche per tutte le proroghe e/o rinnovi di contratti a termine siglati antecedentemente a quella data e pertanto, tutti i contratti attualmente in essere in caso di rinnovo e /o proroga saranno soggetti alla nuova normativa.


La speranza del legislatore, avendo limitato l'utilizzo del contratto a termine, è quella di vedere aumentare i contratti a tempo indeterminato. Sarà interessante nei prossimi 6 mesi verificare i dati sulle effettive trasformazioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato.


AUMENTO INDENNITA IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO


La seconda modifica destinata a far discutere è l'aumento dell'indennità risarcitoria in caso di illegittimo licenziamento di un lavoratore. Ricordiamo in primo luogo che questa modifica riguarda solo le aziende con più di 15 lavoratori e solo gli assunti a tempo indeterminato dopo il 7/03/2015 con il c.d. contratto a tutele crescenti.


In caso di licenziamento illegittimo il datore di lavoro dovrà corrispondere un'indennità risarcitoria da un minimo di 6 ad un massimo di 36 mensilità. La precedente normativa prevedeva invece un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità. E' stato previsto pertanto un innalzamento pari al 50%.


Nei prossimi 60 giorni il decreto legge dovrà essere convertito in legge dal Parlamento della Repubblica. In occasione della conversione potranno essere apportate delle modifiche attraverso l'approvazione di emendamenti al decreto originale. Non mancheremo di commentare il testo definitivo dell'intervento normativo.

 


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